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Il paccone: cos’è e come si utilizza

In un mondo sempre più digital, dove tantissimi pensano di raggiungere i clienti esclusivamente con la tecnologia e gli strumenti social, non ha perso di importanza – e anzi la conserva sempre di più – uno degli strumenti di marketing più incisivi che esistano, legato agli insegnamenti di Dan Kennedy. Stiamo parlando del cosiddetto Paccone. In questa sede capiremo cos’è, come si utilizza, gli errori da non commettere e quali risultati porta questo strumento.

Cominciamo con la definizione. Il paccone è uno strumento fisico il più delle volte. Possiamo chiamarlo anche box, scatola. E’ un contenitore con al suo interno un kit di informazioni. Ed è uno strumento fondamentale in quasi tutti i modelli di business, per quasi tutte le tipologie di azienda e si rivolge a ogni tipo di clienti (privati o imprenditori, nel Business to Business e nel Business to Customer). Il paccone rappresenta il modo migliore per comprimere tutte le informazioni utili a far sì che, dopo un percorso di conoscenza, il cliente si rivolga a noi per acquistare quel prodotto o quel servizio. E’ un modo di pre-educare il cliente che poi verrà in azienda (a telefono, fisicamente, online… l’importante è che arrivi).

Concetto di posizionamento. Di solito l’imprenditore parte dall’avere un’idea differenziante ma il più delle volte quel brand, quell’idea o quel prodotto deve essere comunicato in poco tempo: non può essere comunicato in decenni. Deve arrivare al consumatore presto e in maniera più completa possibile. Non tutti sono la Nike, la Apple e la Coca-Cola. Molti, al contrario, sono produttori sconosciuti e magari vendono o vogliono vendere prodotti particolari, nuovi oppure da personalizzare. In questa fase quei molti sono ancora piccoli, poco conosciuti. La platea di clienti, quando anche arriva a conoscere la determinata azienda, non sa ancora se può fidarsi dell’azienda stesso e del prodotto/servizio che l’azienda offre. Oppure quella platea non sa come funziona quell’idea differenziante che in qualche modo ha visto; non capisce come funziona e non comprende perché debba comportarsi in un determinato modo per poterla utilizzare. Quando le persone pensano di acquistare qualcosa per la prima volta, le stesse persone hanno dubbi, domande, perplessità, obiezioni da muovere. Hanno quello stato d’animo che gli impedisce di comprare quel prodotto o quel servizio per la prima volta. A volte, per chi vende, si tratta pure di quesiti scontati o banali, ma nella testa di chi compra non lo sono affatto. E allora sta al venditore fare qualcosa: c’è bisogno di rispondere a quelle domande, come abbiamo visto in maniera rapida ed esaustiva.

Ed eccoci al paccone. Il nostro paccone (il box, la scatola) racchiude quindi tutte le informazioni necessarie al cliente per preferirci. In pratica è un venditore in scatola. Ed è uno strumento che possiamo inviare in numero elevato e a una grande e/o selezionata quantità di persone. Non è uno strumento che vende direttamente, intendiamoci. Nel business è sempre necessario, a un certo punto, il fattore umano. Questo fattore sarà poi un consulente, un tecnico o il venditore finale stesso. Ma il paccone rappresenta il tramite tra noi e i clienti, soprattutto se il nostro marchio non è noto. Si può dire che il venditore in scatola (quindi la quantità di informazioni presenti fisicamente in un pacco) dovrebbe rispondere al 70-80 per cento delle domande che si pone il consumatore. Il resto della percentuale, per finalizzare la vendita, andrà completato con una consulenza, un intervento più ampio di chi magari formalizza la trattativa. A volte c’è bisogno di un consulente, un tecnico commerciale e via dicendo.

Non esiste strumento di marketing più potente del paccone. È il box delle meraviglie, lo strumento di marketing fondamentale. Ma come tutti gli strumenti può essere pericoloso e va maneggiato e utilizzato con cura e attenzione. Perché? Innanzitutto spedire, far recapitare un pacco, ha dei costi rispetto a una mail. Potrebbe avere un costo rilevante se i kit da inviare sono migliaia. Pertanto va utilizzato bene. E’ un investimento e come tale che rispettato e maneggiato.

Maneggiare il paccone: gli errori frequenti. Una delle domande più frequenti che viene rivolta a chi si occupa di marketing è “a chi devo mandarlo?”. La domanda è giusta se il paccone non è stato ancora realizzato. Al contrario, se viene posta dopo aver realizzato i pacchi, si è già in errore: nel senso che il venditore ha realizzato qualcosa (e quel qualcosa costa in termini di tempo e di denaro, l’esempio potrebbe essere quella di una brochure) e magari si ritrova una grande quantità di materiale inutile o inutilizzabile. Il denaro non va mai sprecato senza avere idee chiare in origine (e la stessa cosa si può dire del tempo e delle energie).

Ma gli errori, nelmarketing o nella comunicazione, sono svariati. Se parliamo di un kit che al proprio interno abbia un audiovisivo o di un video necessario per poi arrivare alla fase paccone prima e rapporto col cliente (qui entriamo un attimo nel campo dell’Infomercial), quell’audiovisivo deve essere realizzato da chi lavora nel settore. Se parliamo di un prodotto tendenzialmente pubblicitario, il video va fatto realizzare da chi opera in quel settore (e non dal cugino o dal regista di video per il teatro). Questo sempre nell’ottica di non sprecare, non fare lavoro inutile, non trovarsi un prodotto di marketing che non possa essere utilizzato o che non sia efficace. Il punto, poi vedremo in seguito, è che il paccone o funziona o non funziona: non esiste una via di mezzo, non funziona a metà a seconda della quantità di denaro che viene investita o sostituendo le figure e le professionalità per realizzarlo con altre non idonee.

Il paccone va inserito nel discorso di Funnel. Entriamo quindi nel percorso che il cliente andrà a compiere. E una parte fondamentale per il cliente sarà ciò che troverà nel pacco. E’ per questo che anche la costruzione dei materiali di marketing rappresenta una scelta fondamentale: quei materiali servono a convincere il cliente a venire da noi, quindi vanno creati in maniera logica e cronologica. Per questo motivo servirà però un copywriter bravo. Il consiglio per chi inizia a fare marketing è quello di rivolgersi a professionisti e non cercare strade più semplici. Non bisogna cercare scorciatoie e nemmeno sostituti: l’orologio tarocco Watch non è l’orologio originale della Swatch e allo stesso modo il soggetto che fa un altro tipo di lavoro non è un esperto in marketing anche se utilizza gli stessi strumenti (una videocamere, un programma di montaggio, di editing fotografico etc.). Se non si hanno i soldi per fare marketing, del resto, non si avranno nemmeno i soldi per fare azienda. E come dicevamo prima, il paccone non va fatto realizzare da uno che costa meno o che dice di essere in grado di realizzarlo. Il paccone o funziona o non funziona. Non esiste che funzioni poco o in parte.

Ancora sul concetto del paccone e i 7 modi per utilizzarlo

Come si è visto e come vedremo, il paccone è lo strumento fisico che si deve frapporre tra quei clienti che sono interessati alla determinata azienda e il contatto con un venditore. In linea di principio nessun cliente dovrebbe poter parlare con un mio venditore prima di essere stato filtrato dai materiali del pacco. Tutto, sempre in linea di principio, dovrebbe essere fornito al cliente prima che questo parli con l’azienda. Ovviamente il passaggio intermedio, il filtro, può non essere possibile per certe attività. Non al bar per esempio (dove il consumo è troppo veloce e il più delle volte non è frutto di una scelta e risulta casuale). Spesso non al ristorante. Ma in qualunque altro business il pacco serve perché il cliente entri in un discorso di Funnel da intraprendere.

I 7 modelli di paccone

  1. Paccone front-end? Iniziamo con il dire che si tratta di una forma di marketing poco aggressiva. L’azienda inizia a fare la sua campagna di marketing (anche su internet, sui social) acquistando traffico. Questo traffico deve essere certo, non aleatorio. Certo e prevedibile. Bisogna avere i soldi, è chiaro, per poter rendere efficaci le sponsorizzate. Motori di ricerca e social sono i due terreni principali in cui agire. L’azienda deve fare in modo che il cliente finisca su una pagina di atterraggio (Landing Page) che però non sia ancora una pagina di vendita diretta. In pratica, al cliente finito sulla Landing Page dell’azienda dopo aver cliccato un link o un banner, si dirà: “Non vogliamo venderti nulla, ma se sei interessato ai nostri materiali, lasciando i tuoi dati potrai ricevere un omaggio (sotto forma di paccone)”. E’ una forma molto poco aggressiva, dicevamo. Non si vende subito, non si cercano direttamente i soldi del cliente. Quest’ultimo ha la possibilità di lasciare dei dati per essere contattato per stabilire un secondo contatto con l’azienda (tramite paccone, omaggi etc.) e soltanto dopo si potrà passare alla fase di vendita.
    Naturalmente ci sono errori che spesso si commettono. Il primo è quello di fornire materiali poco attrattivi alla web-agency che sta mettendo in pratica, fisicamente, la campagna. Bisogna ricordare che una web-agency può creare traffico, ma è l’azienda che commissiona la tale campagna che decide il proprio contenuto. Lo scopo della campagna, nel paccone front-end, è il traffico. Ma il contenuto lo decide l’azienda.
    Gli altri tipi di errori possono essere etici o addirittura fraudolenti. Il cliente fornisce i suoi dati, ma l’azienda che vuole vendere non deve rubare altri dati e non deve appropriarsi di dati se una persona ha cliccato per sbaglio su quel link o quel banner. Se poi questo avviene e il cliente se ne accorge, avete sicuramente perso quel cliente oltre ad essere stati scorretti o aver messo in pratica comportamenti al limite della legalità.
  2. Paccone dopo Infomercial. E’ una formula più sofisticata rispetto alla prima. Qui la Landing Page è strutturata con un video che motiva e pre-educa il cliente (Informercial). Ora il cliente può essere pronto a ricevere il kit e l’azienda deve essere pronta a inviarlo. Siamo ancora in una fase che non è quella della vendita e questa fase è apprezzata dai clienti: questi non vengono bombardati di informazioni o cercati con insistenza. Il cliente apre una pagina, guarda un video, si fa inviare il paccone. E’ un circolo di marketing vincente perché attrattivo e non aggressivo.
  3. Paccone dopo farming offline. Qui tendenzialmente si fa una campagna attraverso materiali cartacei. Spesso è una tecnica che si usa nel Business to Business, ma a volte che con i privati. Nel primo caso l’azienda, di solito, estrae un cluster di aziende da una banca dati nota. Quello che non conviene fare, per i discorsi di risparmio di tempo e denaro che sono alla base dell’imprenditoria, è inviare pacconi a tutti senza selezione. Sia nel B2B che nel B2S è un discorso di risorse: a seconda di quello che ho posso inviare il mio volantino, la mia brochure o il mio magazine a uno o migliaia di potenziali clienti. Anche la scelta del materiale dipende dai fondi a disposizione (un magazine ha un costo infinitamente superiore rispetto a un volantino) ma sta di fatto che una selezione va fatta.
    E come si fa? Si fa farming. Quindi con invii a step, gradualmente, osservando volta per volta quanti chiederanno il paccone. In altre parole c’è sempre bisogno di un riscontro e di una osservazione di come sta procedendo la campagna per continuare a inviare (Follow up).
  4. Paccone in difesa: il filtro. Con questa strategia si usa il marketing come schermo, come filtro, per evitare che tanti clienti si rivolgano a noi che potremmo trovarci alla fine con pochi clienti davvero interessati. Molte persone fanno dei mestieri a contatto con la gente: ricevono telefonate, ricevono nello studio, ricevono messaggi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non hanno filtri in pratica. E’ chiaro che spesso si avrà a che fare anche con i clienti indesiderati (quelli che vogliono risparmiare a ogni costo, quelli che insultano, quelli che chiedono mille informazioni). L’errore sta nel non aver creato e inviato il paccone. Attenzione! Non è un errore ricevere una telefonata da un cliente che vuole comprare a un determinato orario (magari dopo le 20.00). E’ un errore consentire che il cliente palesemente non interessato (che non ha ricevuto altre informazioni esaustive) telefoni sia prima che dopo le 20.00, per fare un esempio, e ci tolga tempo senza risultati.
    Dobbiamo sempre ricordare, lo abbiamo detto prima, che nelle prime fasi il cliente è confuso, spaventato o entrambe le cose. E alcuni di loro esprimono questo disagio con vari atteggiamenti anche sbagliati. Ma l’errore è del venditore, ripetiamolo. Il venditore deve essere contattato solo dopo un filtro (il paccone). Ed è anche una questione di credibilità. Se siete soli al negozio o in un ufficio e il cliente può entrare subito… significa che non state lavorando. Ci dovrebbe stare sempre un filtro che dica al cliente “prima di fissare un appuntamento vi facciamo anche questo omaggio, questa scatola infiocchettata”, sempre per il concetto che si devono pre-educare le persone ad avere un contatto con noi. E’ il pacco in difesa, utile soprattutto nelle attività dove i clienti possono arrivare addosso indiscriminatamente, anche quelli che non vogliono pagare o hanno idee assurde e irrealizzabili.
  5. Paccone Referral. C’è il pacco per acquisire cliente e questo lo abbiamo visto. Ma si potrebbe anche avere una serie di pacconi, piccoli o grandi, costosi o meno, da consegnare ai clienti che hanno già acquistato e che hanno acquistato con soddisfazione: queste persone, proprio perché si sono trovate bene con il prodotto/servizio, possono potenzialmente segnalare il prodotto/servizio al altri.
    L’azienda regala il paccone al tal cliente che lo dà ad amici. Oppure si chiede al cliente di fare da tramite, di fornire i recapiti dell’amico (naturalmente con la massima correttezza e trasparenza possibili, senza pratiche truffaldine). Si può inviare il paccone a nome del cliente come regalo, è una strategia bella. Il cosiddetto paccone Referral si basa sul concetto di passaparola spontaneo, ma sfrutta in maniera fantastica (e anche corretta) questo concetto. Nello specifico, una platea di clienti qualificati può amplificare la dimensione del business. L’azienda evita e supera la diffidenza che ci può essere tra l’azienda stessa e i potenziali clienti contattati a freddo. Questi clienti, essendo stati “preparati” da altri clienti, sono pronti a rivolgersi all’azienda e questa può crescere in pochissimo tempo. Il paccone Referral può esserem la strategia ideale. Di più: si può basare il proprio marketing anche solo con il Referral.
  6. Paccone “in attacco” su lista. E’ il modo più aggressivo per utilizzare il pacco (ma in linea teorica si può inviare in maniera sensata e coerente) e in particolare si utilizza nel B2B. In base alla teoria dei “Top 100”, ci si concentra su di loro stupendoli con il miglior paccone possibile: pieno di oggetti e informazioni utili, esteticamente ineccepibile, con il libro, il video etc. Spesso si utilizza con i liberi professionisti. Si va all’attacco con follow-up.
    Multilivello. Se prendiamo in esame una Pmi, un piccolo studio, è chiaro che il paccone arriverà facilmente al titolare, a chi prende le decisioni, a chi si rivolgerà a noi per acquistare il prodotto o per discutere delle modalità di acquisto. E’ altrettanto chiaro che sia un po’ più difficile far arrivare a un’azienda grande, magari con più sedi, il paccone. Non è difficile perché non si trova l’indirizzo, si badi bene. Ma perché le aziende più grandi hanno vari livelli decisionali e operativi. In questo caso sarà utile creare un paccone “a strati”, personalizzato (uno per l’ufficio commerciale, uno per il direttore tecnico e via dicendo fino magari all’amministratore unico, al presidente del cda). Ognuna di queste figure ha motivazioni diverse dall’altro per preferire o non preferire un determinato prodotto. La tecnica da utilizzare sarà quindi quella di creare dei pacconi simili per tutti, del sotto-pacconi personalizzati da inviare a questa o quella figura a seconda di quanto può contribuire all’incontro tra la nostra azienda e la grande realtà produttiva che ci interessa.
    Se parliamo di una multinazionale si deve invece capire la base della catena decisionale, fornire a loro i pacconi che poi dovranno essere mandati agli altri livelli: in questo caso sarà comunque una sorta di obbligo lavorare su più pacconi, simili da personalizzati.
  7. Paccone riattivazione clienti. Se si inizia a fare marketing in un determinato modo, abbiamo visto come il paccone Referral sia il più incisivo. Ogni azienda ha i suoi clienti migliori, quelli che tornano, spendono, lo fanno bene. Ed è per questo motivo che la strategia Referral è l’ideale. A volte però i clienti, anche i migliori, si possono perdere oppure si può rischiare di perderli. Questo fenomeno si può notare ad occhio oppure con un software. Non è fondamentale ora stabilire come si nota: quel che occorre fare è stilare un elenco dei clienti a spedire a loro un paccone, magari con un regalo o un’offerta. Qui non parliamo di dare informazioni utili a uno che non è ancora cliente, ma di recuperare uno che è già stato nostro cliente.

Il concetto è questo: se abbiamo un secchio che perde acqua è inutile tentare di riempirlo. Ciò che va fatto immediatamente è contenere la perdita. Si va a caccia di nuovi clienti solo dopo aver cercato di recuperare i clienti migliori: sia perché questi clienti sono l’ideale (per la strategia top 100, perché pagano bene e regolarmente etc.), sia perché aprendosi ad altri clienti (magari anche tantissimi) si porta l’azienda a volumi – produttivi o di altro tipo – che non si è in grado di sostenere dal punto di vista umano (non ci saranno abbastanza addetti alle informazioni per esempio) o economico (si può rischiare il fallimento aumentando la produzione etc.)

I buchi vanno tappati, come la faglia di una nave. Altrimenti non si può navigare.

Ma il paccone è un regalo?

Dopo aver visto cos’è il paccone, come si utilizza, verso chi, con quali strumenti più o meno raffinati, è facilmente intuibile come il paccone resti una strategia di marketing che deve portare clienti. Tuttavia questi clienti, si noti bene, non vanno comprati o corrotti con un oggetto che magari nemmeno rappresenta al meglio la nostra azienda. Il fine del paccone è quello di fornire informazioni. E’ ovvio che queste possano essere date in maniera più o meno originale, più o meno gradevole, accompagnate da un omaggio o da un’offerta (soprattutto per il Riattivazione Clienti). Ma non ci si deve mai dimenticare che l’obiettivo ultimo è quello di dare le informazioni utili… naturalmente perché il cliente venga da noi.