In questa sede studieremo i modi utilizzati dalle aziende che arrancano o dalle piccole realtà appena nate per decollare nel proprio business. Parleremo delle tecniche che dovrebbero utilizzare queste realtà; realtà che il più delle volte non possono permettersi il marketing istituzionale, non hanno la forza economica per entrare nei circuiti televisivi con la loro pubblicità e che per questi motivi hanno assoluto bisogno di lavorare con il marketing a risposta diretta.
Dan Kennedy, chi è? I concetti del marketing a risposta diretta vennero sviluppati al massimo da Dan Kennedy. Americano, nasce come un consulente di marketing (ma operò anche nel settore del recupero crediti come vedremo). Le sue strategie sono basate sulla tesi, suffragata dai fatti, che le piccole aziende non potevano fare e tantomeno permettersi il tipo di marketing attuato dalle grandi aziende. Quest’ultimo, a prescindere dalla sua effettiva efficacia, è in genere caratterizzati da un lavoro creativo sviluppato in team e da costi elevati sia per la realizzazione che per la messa in onda (se si parla del mezzo televisivo) e in generale per la diffusione (se si pensa ai 6×3 nelle città). E’ chiaro che le PMI hanno flussi di cassa esigui e non possono lavorare su marketing a medio e lungo termine. Dan Kennedy lavorò sul concetto che i “piccoli” devono vendere ogni giorno altrimenti vanno incontro a un fallimento quasi istantaneo. E quindi la strategia di marketing (che comunque va fatta) deve avere un riscontro nell’immediato.
Il volume fondamentale di Dan Kennedy è “My unfinished business, una sorta di autobiografia in cui però si può capire come Kennedy abbia ha cominciato a ragionare in termini di marketing. Dan Kennedy veniva dal copywriting, del marketing a risposta diretta. Scriveva lettere di vendita via posta. In Italia era la tecnica utilizzata da Postalmarket, un esempio di marketing a risposta diretta fatto bene. Nel marketing a risposta diretta si riceve una lettera (un pacco, un magazine e/o altri strumenti), si compila un coupon, si ordina il prodotto e questo arriva direttamente a casa del cliente. E’ importante ribadire che Dan Kennedy capì che questi principi erano gli unici che si potevano applicare a una piccola azienda. Questo non significa che la pubblicità classica sia controproducente per un negozio. Ma è un discorso prettamente economico: se si hanno risorse economiche per operare su più livelli è un conto; se non si hanno, la strada maestra è il marketing a risposta diretta.
La grande azienda: i canali distributivi
- La grande azienda ha un brand, costruito col tempo. E’ riconosciuta, affidabile, credibile, autorevole.
- Ha la potenza economica per fare pubblicità di ogni tipo.
- Possiede i canali distributivi che le permettono di implementare o comunque mantenere alto il livello del proprio business.
La grande azienda (Apple, Nike etc.) non ha bisogno di lavorare sul marketing a risposta diretta. La grande azienda è ovunque, in qualunque Paese e in qualunque vetrina. Ha i suoi store e/o è presente nei centri commerciali più grandi, nelle strade delle città più importanti.
La costruzione dei canali distributivi per le piccole aziende. Se non si hanno canali distributivi è necessario costruirli. L’intuizione di Dan Kennedy fu quella di trovare le modalità perché il marketing diventasse esso stesso un canale distributivo, per di più con un ottimizzazione di tempi, risorse e quindi costi.
Il marketing a risposta diretta è paragonabile ad una enorme rete commerciale che è sempre in giro. Anticipa e favorisce il lavoro degli eventuali venditori finali facendo scomparire il rischio che i piccoli venditori restino fermi e nascosti nella loro bottega. Per i piccoli, il marketing a risposta diretta è l’unica soluzione. La lettera di vendita, per intendersi, può essere considerata l’equivalente di un commesso. Lo ripetiamo: il marketing istituzionale, accademico, non funziona per la piccola impresa soprattutto per una questione di tempi e costi.
Ma collegandoci alla questione del tempo, e prima di analizzare i 10 comandamenti del marketing a risposta diretta, può essere utile ricordare che non in tutti i settori il marketing a risposta diretta porta risultati in termini di vendita nell’immediato. Ci sono campi, si pensi a quello dell’industria o in generale per prodotti da costi di centinaia di migliaia di euro o addirittura milioni, dove le trattative possono durare mesi o anni, dove i processi di vendita/acquisto possono cozzare con la necessità di vendere subito. E’ evidente che non tutti i settori hanno la medesima tempistica: quello che però resta fondamentale nel marketing a risposta diretta è la tempistica della risposta del venditore. Un esempio nel B2B: se si spedisce un “paccone” a un’altra azienda per un prodotto di milioni di euro, è un marketing fatto bene quello che produce un contatto, in tempi rapidi o rapidissimi, tra l’azienda che vende e quella che compra.
Nel marketing, lo vedremo, conta vendere e vendere subito: è l’unica cosa che conta. Questo è il principio base soprattutto in quello a risposta diretta. Le eccezioni, se si parla di prodotti particolari o particolarmente costosi, esistono. La funzione della strategia a risposta diretta, lo chiariamo, conserva comunque il proprio ruolo primario.
Marketing accademico, marketing a risposta diretta: cenni. Come abbiamo iniziato a vedere, l’arrivo sul canale distributivo è già un risultato del marketing. Ma per le piccole imprese il marketing a risposta diretta è, soprattutto agli inizi, il principale canale distributivo. Che si parli di offline oppure online non c’è molta differenza.
Ricordiamo inoltre una tesi: il marketing classico, accademico, istituzionale (quello realizzato dai creativi che finisce solitamente, ma non solo, nello spot televisivo o che punta a creare il Brand Awareness) funziona per le imprese che già funzionano. Ciò non toglie che negli Stati Uniti esistano tantissimi esempi di aziende che fatturano milioni e milioni di euro che hanno operato principalmente nel marketing a risposta diretta, a partire dall’Informercial. Tutte queste aziende sono legate, direttamente o indirettamente, agli insegnamenti di Dan Kennedy.
In Italia l’esempio migliore è la Eminflex, che polverizzò la concorrenza con l’informercial e che ogni volta che provava ad addentrarsi nella pubblicità istituzionale (per consigli di manager evidentemente e oggettivamente sbagliati) subiva drastici cali nelle vendite e tornava immediatamente al marketing a risposta diretta.
Ma il marketing classico non funziona mai per i piccoli? Generalmente non funziona. Se poi un creativo, un’agenzia, un team di creativi, riesce a dimostrare all’azienda produttrice che una strategia pubblicitaria classica funzioni, ben venga. L’importante è che questa dimostrazione avvenga con fatti, numeri, comparazioni. Non è escluso che accada, ma questo può essere frutto di particolari congiunture, di casualità. Statisticamente, generalmente, ciò non accade.
I dieci comandamenti del marketing a risposta diretta
- Dare sempre un’offerta o più offerte. Il primo punto è che dal negozio, dalla fabbrica, non deve uscire niente che non si voglia vendere. E dovrà sempre uscire fuori un’offerta da proporre al cliente. Attenzione, non si parla sempre di offerte di termini di sconto. Anzi, questo non dovrebbe accadere. Si deve puntare a entrare sempre in contatto con il cliente, questo sì. Il venditore deve produrre uno strumento di Call to Action e l’offerta potrebbe anche essere il tentativo stesso di incontrarsi con il cliente (a telefono, su internet, in negozio). Non dovrà uscire niente dall’azienda, anche in termini di prodotto, se non c’è un’offerta. La base, naturalmente, è produrre un qualcosa fatto bene. Ma parallelamente bisogna inventarsi subito qualcosa per fare in modo che le persone vadano avanti nel processo di acquisto. Ogni passo dovrà essere indirizzato a far comprare il cliente.
Ancora sulle differenze tra marketing. Non ci si può permettere di sviluppare e mettere in campo quel marketing che non serve direttamente a vendere. Qui non si parla di filosofia. La reputazione non è un qualcosa che può essere raggiunto da tutti: può essere un punto di arrivo, ma come abbiamo visto non tutti saranno in grado di puntare a questa fase se vogliono sopravvivere e poi crescere. Il marketing, soprattutto per un determinato segmento di aziende (la stragrande maggioranza), non ha nulla a che vedere con la creatività. Se la gente compra, la strategia di marketing funziona. Se non compra non funziona, anche in presenza della campagna di marketing più scintillante e creativa che si possa immaginare. Per questo motivo il marketing a risposta diretta viene visto malissimo dai creativi e dalle agenzie di comunicazione. Non è ben visto perché a moltissimi non piace dover dimostrare i risultati della loro campagna. Ma i piccoli imprenditori hanno bisogno di rientrare subito o quantomeno prestissimo dal loro investimento.
Cosa offrire? Quello che si offre ha valore per il potenziale cliente? Come il prodotto/servizio può migliorare la vita del potenziale cliente? Se non si riesce a dire bene queste cose si sta sbagliando marketing. - Dare sempre al cliente una ragione per rispondere subito. Quello che si sta producendo deve avere prima di tutto un valore per la persona: il fatto che il potenziale cliente non possegga quel bene/servizio deve trasmettere al potenziale cliente un senso di disagio, smarrimento, deve stimolare i suoi sentimenti di frustrazione. Deve fargli sentire la privazione. E questo secondo “comandamento” è collegato anche al concetto di scarsità della risorsa (del bene/servizio, si intende). Quindi occorre far capire bene che questa o quell’offerta è limitata nel tempo e della quantità. Tutti concetti slegati dalla nozione di creatività.
- Istruzioni sempre chiare. Le persone devono poter rispondere e farlo possibilmente subito, ma spesso le persone non rispondono perché le istruzioni sono ambigue, fuorvianti, nascoste, poco chiare. Anche in presenza di straordinari lavori grafici, se la persona non trova il modo di rispondere (Call to Action), si sta sbagliando qualcosa e il tiro va corretto immediatamente. Le persone confuse non sono le persone ideali per chi vende, ma sta soprattutto a chi vende rendere le persone meno confuse.
- Tracciare tutto, controllare sempre conversioni e ROI (Return On Investment). Qui sottolineiamo ancora una volta le principali differenza tra i marketing classico, accademico, e il marketing a risposta diretta. Entrambi vanno studiati, ma i risultati finali hanno molti più a che fare con i risultati pratici che con le basi teoriche. E’ soltanto la risposta sul mercato (quella che gli imprenditori riescono subito a calcolare, quindi conversioni e ROI) che sta dicendo con estrema chiarezza quanto è efficace e perforante quella campagna di marketing e quale invece non lo è. E’ questa risposta che sta inoltre dicendo al marketer quanto il marketer sia stato bravo. Spesso si assiste a un paradosso: esistono iniziative in cui viene premiato il miglior spot, quello più creativo etc. a prescindere da quali risultati quello spot abbia raggiunto in termini di vendita del prodotto che pubblicizzava.
In questo caso il marketing ha a che fare con l’arte in un certo senso, ma il marketing è uno strumento pensato per vendere e dovrebbe avere a che fare (come avviene in quello a risposta diretta) con la matematica. - Conoscenza del Brand come sottoprodotto di conversioni e vendite. La grande intuizione di Dan Kennedy, lo abbiamo detto, iniziò con il dare possibilità di successo alle aziende piccole con strumenti adatti a queste realtà. Ma Dan Kennedy non considerava il raggiungimento di una grande reputazione un male. Raggiungere per un prodotto lo status di Brand è un qualcosa che anche per i piccoli si può raggiungere. La differenza principale tra piccoli e grandi è che questi ultimi lo faranno essenzialmente con strumenti di marketing classico (ed enormi investimenti), mentre i piccoli dovranno far conoscere il proprio prodotto attraverso la vendita stessa. C’è chi può ragionare secondo la teoria “prima mi faccio conoscere e poi vendo” e chi è costretto a ragionare secondo la pratica “vendo per farmi conoscere” (questo in particolare è collegato al punto n. 1). In quest’ultima situazione sono le vendite, soprattutto attraverso i testimonial, a creare Brand.
- Necessità di Follow Up. Il marketing non deve partire da solo, lo strumento non deve essere lasciato solo e lo stesso vale per il cliente. L’azienda deve far in modo di perseguitare il cliente: certamente non con strumenti insensati o aggressivi (telefonate a tappeto per esempio) ma con la tecnica del re-targeting. L’azienda deve ricomparire al cliente, che si parli di online oppure offline. Se si hanno i contatti fisici dei clienti, occorre continuare a inviare materiali fisici come pacconi e lettera di vendita. Un esempio concreto? Lo avevamo accennato prima. Dan Kennedy per un periodo della sua vita lavorò nel settore del recupero crediti e presto si rese conto che le persone pagavano solo alla quarta lettera di sollecito. Kennedy quindi studiò questo fenomeno e lo applicò benissimo al campo delle vendite.
- Necessità di un copy forte. Che si affronti il discorso del recupero crediti o delle vendite, i fatti dicono che le differenze sono minime. Il principio alla base è quello di far emozionare le persone, fare in modo che i sentimenti delle persone si smuovano. E’ chiaro che nel recupero crediti i sentimenti saranno quelli della paura e nella vendita la persona dovrà riflettere sulla sua storia personale, sentirsi desideroso di cambiare il proprio status, abbandonare la sua zona di confort e decidere di passare all’azione con questo o quel prodotto. Ma nell’uno e nell’altro caso il copy, che si tratti di una persona fisica o di uno strumento inviato per posta o digitale, deve essere forte, incisivo, in grado di arrivare in maniera diretta al moroso come al potenziale cliente.
- La lettera di vendita di carta in busta: uno strumento ideale da seguire con cura. Le lettere di carta non sono datate come si pensa. Arrivano ancora oggi e forse a volte non ci si rende conto della potenza di questo fenomeno mai passato di moda. E a volte, questo forse può stupire, non vengono nemmeno utilizzate per vendere prodotti. Il materiale progettato e inviato dalle Onlus, dalle associazioni di volontariato, finalizzato a ottenere donazioni, il più delle volte può essere considerato un capolavoro di marketing a risposta diretta. E’ chiaro che la dinamica si sviluppa anche sull’online, ma la carta non viene sottovalutata. In questi materiali c’è tutto quello che dovrebbe esserci: un messaggio forte, poca creatività, coupon, bonus, materiale informativo, garanzie.
Perché questo strumento, ma in generale tutti quelli del marketing a risposta diretta, va seguito con cura? Il marketing viene sviluppato da una o più persone, ma è un tassello di un mosaico più grande: il marketer è bravo se fa in modo che il cliente contatti subito l’azienda (a telefono, sui social, su mail e così via). Ma se l’azienda non è strutturata per rispondere in tempi rapidi ai clienti, il lavoro di chi ha fatto marketing verrà totalmente vanificato e diventerà improduttivo, sterile, inutile. - Contano solo i risultati. Resta ciò che vende di più. Un concetto già affrontato in precedenza. Un imprenditore che inizia la propria avventura nel business può avere la voglia, la necessità, il tempo di testare delle alternative di campagne di marketing. Non è un approccio da condannare in sé (a patto che, come detto, che si abbiano le risorse di tempo). Diventa sicuramente un approccio sbagliato se non si ha il coraggio di scegliere subito, senza pensarci due volte, la campagna che vende di più e meglio. Capita che un imprenditore possa affezionarsi a un tipo di immagine, che i manager di un’azienda possano continuare a insistere su una strada anche se non porta ai risultati sperati; ma se c’è un’altra strada che porta risultati migliori (anche se esteticamente meno interessante) di dubbi non ce ne possono essere: va scelta la seconda e solitamente è quella a risposta diretta. Il marketing più efficace non è un qualcosa che può essere deciso a tavolino: è il campo, quindi il mercato, che decide quale sia il più valido.
- Dieta stretta di marketing a risposta diretta per almeno sei mesi.Sei mesi è un lasso di tempo che Dan Kennedy indicava alle aziende. Sei mesi di marketing a risposta diretta senza deviazioni, scorciatoie, tentativi di affidarsi a quello classico, accademico, istituzionale, creativo. Si può discutere sui tempi, si può anche farlo per tutta la vita. Qui torna utile l’esempio della Eminflex, che distrusse la concorrenza nella vendita dei materassi con le televendite (Infomercial), che crescendo fu costretta ad inglobare altro personale (soprattutto manager), che provò a tirarsi fuori dal marketing a risposta diretta su consiglio di quei manager (affidandosi agli spot creativi), che si rese conto di un enorme calo di vendite e infine tornò alla sana e vecchia televendita.