Sgombrando subito il campo da ogni dubbio, bisogna chiarire che nel marketing il concetto di manipolazione mentale non ha nulla a che fare con pratiche truffaldine né con l’ipnosi. Al contrario, molte delle strategie che vedremo hanno alla base i concetti di chiarezza e trasparenza. Si può dire che la manipolazione mentale nel marketing sia una pratica che serve a convincere, a persuadere un cliente con mezzi leciti come l’appeal, la fiducia, la credibilità.
Dunque manipolare non significa ipnotizzare. L’azione di marketing deve far sì che prima ancora che il cliente compri o provi un prodotto (oppure un servizio), dovrà percepire l’azienda o il professionista come affidabile, credibile, autorevole. Prima di “assaggiare” non deve guardare all’azienda o al professionista come si guardano le realtà deboli, incompetenti, di dubbia capacità. Paradossalmente se anche ad un cliente piacerà quel prodotto, può accadere che non lo prenderà più se chi lo produce continuerà ad osservato con sospetto. La manipolazione mentale mira dunque a creare una sorta di vetrina interessante e appetibile per l’azienda. Non fumo negli occhi ma un alone di appeal.
I vantaggi dei grandi brand. Secondo Dan Kennedy la manipolazione mentale si basa sul fatto che anche per una PMI è possibile arrivare a ottenere quei vantaggi (con le dovute proporzioni) posseduti dai grandi brand. Questi ultimi sono conosciuti e soprattutto le persone si fidano di loro. Che si parli di un whisky (Jack Daniel’s, Ballantine’s etc.), di un marchio di articoli sportivi (Nike, Adidas etc.), di un network come Disney o di una multinazionale come Apple, la dinamica è simile. La gente non ha timore di questi brand quando sta per acquistare un bene/prodotto/servizio. Non ha paura di essere raggirata e fonda la sua scelta di acquisto solo in base ai gusti (questo o quel tipo di Nike) o alla disponibilità economica (sceglie un modello più economico, ma sempre Nike). Per altri prodotti, vedi il Mac della Apple, non compie nemmeno quest’ultima scelta: compra e basta, senza negoziare perché si sa che su determinati prodotti non c’è sconto o offerta.
Aziende o professionisti, il discorso non cambia. Questi stessi discorsi si possono applicare nel mondo dei professionisti. Un esempio calzante è quello dei medici. Esiste il medico generico e quello specializzato, e tra questi ultimi c’è quello specializzato che opera in un campo ancora più particolare. E tra questi ultimi c’è il medico specializzato (magari per i problemi al ginocchio) che cura i calciatori di una determinata squadra di calcio. Cosa c’entra l’esempio con i marchi come Nike ed Apple? C’entra, perché più si va in alto nella scala e meno si negozia, meno si discute sulle modalità di visita, sul giorno e l’orario dell’appuntamento. Il paziente che si rivolge ad un professionista riconosciuto, credibile, affidabile e autorevole accetta tutte le condizioni imposte dallo staff di quel medico. E, alla fine, prenderà tutte le medicine che sono state prescritte da quel medico perché, in alcuni casi anche irrazionalmente, ci si fida di quel professionista: questa, in un certo senso e senza voler mettere in dubbio la bravura di tanti medici, è manipolazione mentale. E lo è perché anche il medico meno noto potrà curare bene un problema.
Un piccolo brand, un negozietto, un professionista non ancora affermato, ha il grande problema di subire tutte le richieste dei clienti, anche quelle più fastidiose: dalle tante domande alle richieste di dilazione del pagamento. Con il professionista affermato questo non succede: per intenderci, si paga e si ringrazia perché nella mente del cliente quel professionista ha fatto anche un piacere a ricevere la persona.
Una caratteristica dei grandi brand è anche rappresentata dagli effetti delle pubblicità. Si può sbagliare campagna pubblicitaria, effettuare una strategia più blanda o inefficace, ma la gente continuerà a comprare la Coca-Cola. E addirittura si potranno anche subire campagne contro la tale azienda. E’ successo alla Moncler, ma le inchieste giornalistiche che hanno parlato di maltrattamenti alle oche non hanno comunque intaccato il fatturato dell’azienda che continua a vedere i propri capi perché alla gente poco importa dei concetti di mission aziendale.
Alcuni prodotti, per utilizzare un detto, “si vendono da soli”. Le persone comprano in automatico un brand famoso e non c’entra sempre la qualità. Uno dei ragionamenti errati che fa un brand non famoso si può riassumere in una frase: “il mio prodotto è così buono che se solo le persone lo assaggiassero, si venderebbe da solo”. Nulla di più sbagliato.
La differenza tra che ha successo e chi resta indietro la fa la percezione che il cliente avrà del marchio o del professionista. Bisogna possedere autorevolezza e credibilità e non essere visti come inaffidabili, cose che non si ottengono soltanto con la qualità del prodotto o presentando un bigliettino da visita. Se parliamo di un’azienda il miglior biglietto da visita è il bilancio o un capitale versato cospicuo. Il bilancio è la vetrina più appetibile quando un’azienda avrà a che fare con i fornitori o le banche e per i clienti in generale. Anche qui parliamo di trasparenza e non di processi illegali (tutt’altro) perché i dati spesso si vedono o si devono poter vedere.
Un bilancio in salute, il trend in crescita di un’azienda, sono delle basi per poi spiccare il volo. Se non si è ancora cresciuti entra in gioco ovviamente il marketing. Riprendendo un concetto affrontato in altri capitoli, c’è da dire che se non si hanno soldi per attività di marketing non si può fare nemmeno impresa. Ma questo non significa che si debbano sprecare risorse economiche per attività di marketing improduttive. E, inoltre, per evitare di spedire i venditori su un’area a cercare di vendere quel prodotto sconosciuto (anche se i venditori sono bravi, avranno difficoltà a piazzare quel prodotto) occorrerà lavorare per raggiungere i seguenti requisiti: autorità/autorevolezza, credibilità, fiducia.
Prima di affrontare questi punti nel dettaglio, va fatta una ulteriore premessa. La manipolazione è l’unico modo che per essere ascoltato dai clienti: manipolazione, ripetiamo, intesa come percezione. Ma le promesse che verranno fatte in una campagna di marketing o scalando i gradi dell’autorevolezza e della credibilità, vanno mantenute. Se parliamo di marketing non c’è una grande differenza tra un truffatore e un venditore onesto. Anzi, il truffatore è spesso più bravo. Tuttavia un professionista serio garantirà comunque un prodotto che rispetta le aspettative del cliente mentre il truffatore farà trovare un pacco vuoto.
Anche se si parla di arte, l’approccio deve essere lo stesso. Spesso si ha l’erronea convinzione che ciò che sia valido nel mercato, nella vendita di prodotti tangibili o servizi individuabili, non possa funzionare per altri settori come l’arte o la cultura. In realtà tutte le strategie di cui si parlerà in questa sede possono applicarsi benissimo nei campi dell’arte. Anzi, probabilmente gli strumenti di marketing che vedremo potranno essere maggiormente efficaci proprio negli ambiti con i prodotti meno “oggettivi”. Per intendersi meglio: la qualità (ma soprattutto la credibilità) di un’azienda di computer può essere valutata con elementi più o meno certi mentre l’opera di un artista conserva una sorta di soggettività. Va da sé che le azioni di manipolazione mentale potranno applicarsi ancora meglio per il pittore, lo scultore, il musicista…
1) Autorità/autorevolezza
Come abbiamo visto negli esempi, occorre essere autorevole agli occhi dei clienti e questa autorevolezza va raggiunta. Le aziende non autorevoli mostrano bigliettini da visita, cataloghi informativi e hanno un sito internet istituzionale e statico. Non basta: servono dei simboli (ecco che torna in gioco la manipolazione mentale) per arrivare ad essere autorevole.
Libri. Sembrerà strano dirlo, nell’epoca del digitale, eppure il libro è uno dei simboli più importanti se si parla di autorevolezza. I libri non vengono utilizzati direttamente per fare marketing, ma vengono scritti da chi vuole imporsi in una fascia di mercato. I libri vengono scritti solitamente dagli esperti e chi vuole essere visto come persona/azienda autorevole non può evitare di farlo. Sono strumenti che possono essere spediti come regalo, possono essere esposti in un determinato contesto. Il tutto per far arrivare un messaggio semplice e potente: “Io ho scritto questi libri, io sono un esperto, di me ti puoi fidare”.
Magazine. Importa poco con quale cadenza viene pubblicata, ma la pubblicazione di un magazine è necessaria. Ha dei costi in termini di risorse umane ed economiche ma si acquista molto in autorevolezza: chi la pubblica viene percepito come professionale, affidabile.
Pubblicazioni. Il contenuto delle proprie pubblicazioni dirette (ci riferiamo quindi a libri, magazine) deve essere ripresa da altri (giornalisti, blogger, altri esperti), arrivare su altri giornali, riviste, blog e quindi circolare. Se questo non accade bisogna far in modo che accada, magari cercando di farsi intervistare o comprando spazi come vedremo a proposito del concetto di credibilità.
Ospitate. La partecipazione a riunioni, convegni, convention, serate di un determinato settore, è una strategia vincente per crescere in autorevolezza. Naturalmente la partecipazione è a più livelli: in quella ideale bisogna fare in modo di parlare al pubblico, perché parlare al pubblico è sinonimo di autorevolezza.
Eventi/corsi. Occorre organizzare dei propri eventi di formazione nel settore di riferimento e parlare a chi vuole conoscere o a chi è curioso. L’importante è parlare in pubblico, se si fa bene è ovviamente meglio. Se si viene percepiti come esperti e formatori si raggiunge un grado di autorevolezza altissimo.
In sintesi bisogna essere presenti nel mondo dei media e in quello di internet, su carta e su digitale, in pubblico, fisicamente. E’ chiaro che non tutti i mezzi hanno la stessa importanza (una rivista di paese non è il sito del Corriere della Sera) ma per quello che abbiamo visto anche a proposito di altri argomenti (vedi Top 100) è fondamentale essere presenti sui mezzi più attrattivi del proprio territorio di riferimento (geografico o tematico) e quindi anche un piccolo blog può dare i suoi risultati.
2) Credibilità
Credibilità istantanea. L’ideale, chiaramente, è essere una persona famosa. In quel caso si è già credibili e se si è fatto bene il proprio lavoro anche in grado di vendere. Se non si è noti, bisogna lavorare per diventare noti. Per chiarirsi, qui non si parla necessariamente della notorietà a livello televisivo, cinematografico, sportivo.
Nel marketing si diventa famosi anche all’interno di una nicchia; di una nicchia in cui operare ed essere riconosciuti, riconoscibili, onnipresenti.
Si diventa famosi anche cercando di stare accanto a persone famose o assumendo (anche letteralmente) persone famose. L’occhio del pubblico è attento e vi noterà. Soprattutto, si ripeterà per certi versi il vecchio schema di decine di anni addietro. Prima si sentiva “se lo dice la televisione sarà vero”, “se lo dice questa pubblicità ci si può fidare”. Oggi sono cambiate le formule e i mezzi ma i meccanismi irrazionali restano. Esempio? Un’azienda o un professionista può cambiare pochissimo in un determinato lasso temporale. I dati di vendita restano gli stessi, i servizi offerti restano simili. Ma se questa azienda o quel professionista vengono associati a un testimonial famoso, la percezione che le persone avranno di aziende e/o professionista cambierà radicalmente. E cambierà ovviamente in meglio portando potenzialmente i risultati sperati in termini di conversione in vendita.
Ci sono molti modi per ottenere i tempi rapidi una credibilità istantanea. Un modo è quello di comparire su testate molto seguite, canali televisivi, sui mass-media insomma. E’ difficile? Spesso non lo è. Naturalmente se una persona/azienda è già più o meno nota, saranno i giornalisti a cercarla. Se questo non accade (perché la persona non è nota o per altre ragioni) bisogna cercare di farsi intervistare (magari tramite un buon team di ufficio stampa).
E se nemmeno questo accade, si potranno tranquillamente comprare spazi sui giornali. Attenzione però, non ci si riferisce ai banner pubblicitari ma di spazi (in gergo vengono detti “redazionali”, “pubbliredazionali” e in inglese “advertorial”) in cui la persona può esprimere il proprio punto di vista o addirittura pubblicizzare la propria attività con le parole, come in un articolo qualsiasi. Così facile? Sì. Di solito questi spazi vengono contraddistinti da una piccola scritta in cui viene detto che la pagina è stata in un qualche modo comprata, pagata, finanziata. Ma di solito questa scritta è poco invasiva e potrebbe non essere nemmeno notata dal pubblico. In ogni caso il pubblico vedrà la persona su quel giornale, in quella tv. Ed è solo questo che importa.
Credibilità progressiva. Raccogliere testimonial e testimonianze del vostro lavoro è importantissimo (se sono più che positive è naturalmente meglio). Si parla di testimonianze che possono essere poi racchiuse in una pubblicazione (un libro, un libricino, una brochure fatta bene). Se sono poche si può fare in modo di rielaborale (non falsificarle) e utilizzarle in più momenti. Se sono tante bisogna spingerle al massimo, spalmarle su più mezzi.
Re-marketing re-targeting. L’ideale è evitare annunci ripetitivi: si sta parlando di una forma di marketing che è pubblicità e come tale va utilizzata con attenzione.
Un ulteriore strumento per crescere in credibilità con il tempo, è quello di evidenziare man mano tutte le prove possibili che certifichino la bontà del vostro lavoro. Dati, numeri, statistiche, certificazioni, validazioni. Tutto va raccolto per essere mostrato all’occorrenza.
3) La fiducia.
La credibilità si basa sui fatti, come abbiamo visto. La fiducia è anche irrazionale, dipende da quello che il venditore fa con il cliente quando si approccia a quest’ultimo. E’ un discorso particolare, perché entrano in gioco vari fattori che portano le persone a fidarsi o non fidarsi del venditore (in senso lato, non necessariamente del venditore porta a porta).
Affinità. Uno degli elementi cardine del concetto di fiducia è l’affinità. Nel momento in cui c’è un rapporto da costruire con il cliente, il venditore mostra tutte le esperienze e le visioni comuni, i punti di contatto tra sé e il potenziale compratore. Quest’ultimo deve sentirsi parte di un qualcosa quando compra: in altre parole chi vende punta a eliminare barriere (di pregiudizi, di dubbi) e per farlo prova a far sentire a suo agio il compratore con lo scambio di idee, il dialogo.
Dimostrazioni. Non sempre sarà possibile dimostrare in tempo reale l’efficacia o la qualità di un prodotto o di una prestazione. E’ possibile per gli agenti della “Folletto”, non per uno studio di avvocati. Ma è chiaro che per quest’ultimo settore si dovranno utilizzare tutte le tecniche esposte precedentemente. Ad ogni modo la dimostrazione è indubbiamente uno strumento in grado di creare fiducia.
Autorità, credibilità e fiducia sono i tre punti del triangolo della manipolazione.
Il marketing è uno strumento potente ma delicato, è doveroso ricordarlo. In alcuni casi non fa miracoli, in altre situazioni è l’arma più efficace. Questa differenza può dipendere dalle caratteristiche non tanto dell’azienda, ma di chi opera all’interno dell’azienda.
Le azioni vanno programmate, pensate, sviluppate e soprattutto portate avanti con coerenza e costanza. Non esistono troppe scorciatoie, è quasi impossibile per fare un esempio pensare di partire dall’e-commerce quando si apre un negozio. Il percorso che porta verso il successo va costruito a tappe (più o meno veloci, questo come abbiamo visto dipende da vari fattori).